IL CIELO ANTICO: VENERE E MERCURIO
Prendiamo ora in considerazione il
cielo antico: quali fenomeni venivano osservati? Quali allineamenti venivano presi in considerazione? La domanda non è poi tanto scontata perché gli astri noti agli antichi erano solo quelli visibili ad occhio nudo -anche se è stata avanzata recentemente la teoria ipotizza già presso i babilonesi l’uso di un rudimentale cannocchiale con lenti di cristallo di rocca. (Pettinato, 1998).
Erano ad esempio sconosciuti alcuni dei pianeti del sistema solare, i satelliti di Giove, le fasi di Venere (che ha la “falce” proprio come la Luna) e tutte le stelle che avevano una magnitudine troppo ridotta per poter essere viste da occhio umano.
Anche ciò che era visibile non sempre era percepito correttamente, come nel caso della
Via Lattea: oggi sappiamo che è l’insieme di stelle costituenti la nostra galassia, ma all’epoca aveva dato origini a ipotesi spesso particolarissime. Ad esempio, era opinione diffusa che essa fosse il “
sentiero delle anime morte” che volavano in cielo in attesa di raggiungere il Paradiso o di reincarnarsi: una lattiginosa scia di fantasmi. Non a caso in età cristiana venne dato il nome di “Via Lattea” al Cammino di pellegrinaggio per
Santiago di Compostela: anche quello è in fondo un “viaggio dell’anima”, con lo stesso scopo di quello oltremondano: la salvezza eterna (Santillana, von Dechend, 2003, p. 290 - Joost-Gaugier, 2008, p. 140).
Altro famoso errore era quello di considerare
Venere come due diversi pianeti:
Lucifero al sorgere del Sole e
Vespero al tramonto. Ci sono infatti due tipi di pianeti nel sistema solare: quelli “interni” alla Terra (Mercurio e Venere) e quelli “esterni” (tutti gli altri). Visti dal nostro pianeta, i primi due “ronzano” intorno alla nostra stella senza mai potersi allontanare oltre una certa distanza (elongazione). Questo “legame” comporta un periodo di limitata visibilità in cielo per questi due corpi celesti: a meno di eclissi infatti essi sono osservabili solo in brevi periodi dell’anno e solamente poco prima del sorgere del sole o poco dopo il tramonto. Facile quindi per gli antichi non identificare in uno stesso astro la “Venere mattutina” e quella “serale”, anche perché questo pianeta ha anche la particolarità decisamente inconsueta di variare notevolmente la propria luminosità (magnitudine) nel corso dell’anno, arrivando fino ad essere visibile in piena luce del giorno, privilegio questo che condivide solo con il Sole e la Luna.
Il pianeta
Venere è, fin dall’epoca babilonese, associato alla
stella a cinque punte (pentagramma) ed in generale alla forma pentagonale: la tradizione è arrivata fino ai giorni nostri come si può vedere nel
simbolo dell’Islam e nella bandiera della Turchia, dove essa è rappresentata a fianco ad una falce di Luna. Anche in questo caso l’origine risiede nel movimento del pianeta che, nel corso di ogni suo ciclo, viene a trovarsi davanti al Sole (
congiunzione inferiore) cinque volte. Visualizzando tutto ciò su una mappa otteniamo proprio il
pentacolo. (Magini, 2003, cap.8, pp. 44 e segg – Magini, 1996, capp. 2-3, p. 70).
Analogamente, se avessimo preso in considerazione le congiunzioni superiori (Venere dietro al Sole) avremmo trovato ugualmente una stella a cinque punte, ma ruotata di 180 gradi. Anche il pianeta
Mercurio ha un comportamento simile ma la forma geometrica che otteniamo è la stella a sei punte: l’
esagramma, la “
stella di Davide”.
Dal punto di vista degli allineamenti archeoastronomici,
Venere è stata oggetto di particolare attenzione soprattutto tra i
Maya. Del pianeta interessavano in particolare i
due punti di massima declinazione settentrionale, ovvero quelli in cui l’astro sorgeva e tramontava più a Nord (fenomeno che si ripeteva ogni otto anni), in coincidenza col solstizio estivo. L’esempio riportato qui sopra è quello del sito di
El Caracol a
Chichen Itza, in Messico: un vero e proprio osservatorio astronomico ante litteram.
La stessa città, tra l’altro, ospita anche il tempio di
El Castillo che offre uno dei più coreografici effetti di allineamento astronomico. La grande scalinata, delimitata ai suoi bordi dal corpo di due serpenti, agli equinozi viene investita dall’ombra proiettata dallo spigolo della piramide.
Si crea quindi un motivo a zig-zag sul corpo di uno dei rettili, che sembra “animarsi”. Si tratta del dio Quetzalcoatl, il serpente piumato, che si muove insieme al corso del Sole.