LA CONCEZIONE DELLO SPAZIO TERRESTRE
Lo spazio degli antichi era, molto più di oggi, marcatamente
bidimensionale: i limiti fisici dell’essere umano ne riducevano la mobilità alla sola superficie piana. Questo ha molto influenzato fin dalla preistoria il simbolismo con cui l’uomo primitivo cercava di contestualizzarsi nel mondo.
Si può dire che nel mondo antico venivano riconosciute almeno otto direzioni principali: l’asse
Nord-Sud (che astronomicamente collegava la Stella Polare con la culminazione giornaliera del Sole, al mezzogiorno), quello
Est-Ovest (coincidente con i punti di alba e tramonto agli
equinozi) ed i punti di levata e calar del Sole ai due
solstizi.
L’intero
orizzonte veniva analizzato nel dettaglio, osservando quotidianamente le posizioni di pianeti e stelle: si può dire che esso diventò il primo
gigantesco goniometro della storia, poiché venne effettivamente diviso in
360 parti (i nostri gradi) proprio per analogia con i giorni dell’anno, opportunamente arrotondati (Biémont, 2002, p. 134).
Uno dei simboli più antichi era quello del
cerchio, a rappresentare la
volta celeste (anche se la stessa iconografia era talvolta associata al Sole). L’origine di questa rappresentazione è intuitiva: un osservatore posto in uno spazio aperto può osservare la volta celeste semplicemente ruotando il proprio corpo fino a compiere un giro completo. Egli viene di fatto a trovarsi al
centro del mondo (ed infatti spesso troviamo l’immagine di un cerchio con un punto in mezzo) e può vedere intorno a sé la circonferenza, di raggio infinito, della volta celeste (Guénon, 1990, cap. 8).
Troviamo la medesima individuazione dell’omphalos, dell’
ombelico del mondo, anche nel simbolismo della
croce (eventualmente inscritta nel cerchio del cielo) dove i due bracci delimitano l’incrocio dei quattro
punti cardinali (D’Anna, 2006, pp. 28-29 - Guénon, 2006).
Già l’utilizzo del termine “braccio” ci fa capire che lo
spazio era concepito sempre come un’
estensione del corpo umano o comunque in analogia con la sua forma. In effetti, anche noi abbiamo un asse di simmetria che ci attraversa, abbiamo quattro sporgenze (braccia e gambe) che si protendono verso l’esterno ed un centro (appunto l’ombelico) equidistante da tutti gli estremi. Non stupisce quindi che ancora oggi in Bolivia esista una tribù che rappresenta il proprio mondo con la forma di un
uomo disteso: per questo popolo è quindi normale usare espressioni come “un uomo proveniente dalla Testa ha sposato una donna del Braccio Sinistro” (Magli, 2006, p. 303).
Il passaggio successivo nella rappresentazione dello spazio fu di aggiungere la
terza dimensione ai due assi perpendicolari: il risultato è la
croce a sei braccia, ovvero l’inserimento nel simbolo anche della retta perpendicolare al piano del terreno. Si tratta esattamente del modo con cui oggi rappresentiamo tridimensionalmente il sistema di
assi cartesiani.
L’asse Z, come lo chiameremmo noi moderni, rappresenta quindi la verticalità, il movimento ascendente e discendente ma soprattutto l’
asse del mondo (Guénon, 1990, cap. 8), ovvero una retta immaginaria che unisce zenit e nadir (Hani, 1996, p. 52) oppure quella che raccorda la
stella polare (centro di rotazione dell’universo) con il centro del mondo (l’omphalos) e che prosegue poi sottoterra (con il sesto braccio) verso il “polo sud” astronomico. Troviamo una variazione di questo simbolismo anche nell’iconografia cristiana del
Chrismon, reso noto dall’imperatore Costantino, nel quale alla croce a sei braccia è sovrapposto il monogramma con le lettere greche X (chi) e P (rho): le iniziali di “Cristo”
In contrapposizione con il
cerchio celeste, c’é poi il
quadrato che é la forma associata a tutto ciò che è
terreno ed umano: i punti cardinali ad esempio, ma anche la forma stessa delle case. Nell’immagine qui a fianco vediamo una variante del cosiddetto
gammadion descritta da Réné Guénon (Guénon, 1990, cap. 45) che ben evidenzia i legami tra la forma quadrata ed i vari elementi di un’abitazione: gli
ingressi, i
cantonali agli angoli e l’
elemento centrale (sia esso un
camino, un’apertura sul tetto od un palo: è in ogni caso un richiamo all’asse del mondo) (Eliade, 1974, pp. 285-286).
Dalla
composizione di un cerchio e di un quadrato (dall’unione quindi tra cielo e terra) nasce infine l’
ottagono, che (oltre ad orientarsi approssimativamente verso le otto direzioni principali) aveva un marcato
simbolismo iniziatico in quanto faceva da tramite tra il mondo terrestre e quello divino. Non a caso i battisteri medievali (il battesimo era proprio un’
introduzione nella comunità cristiana) avevano questa forma (Guénon, 1990, cap. 42).
Il luogo sacro veniva edificato tenendo presenti tutti i sopraelencati simbolismi e basandosi su molte altre ragioni ancora, tantissime delle quali ancora ignote o non verificate (attività vulcaniche, acque termali, sorgenti ecc.).
Il tempio infatti non sorgeva mai in un luogo “qualsiasi” ma semmai in un punto le cui caratteristiche lo potessero chiaramente identificare come “divino”. Ad esempio, il
templum poteva essere edificato “al
centro del mondo”, ovvero in un punto ritenuto l’
omphalos, l’ombelico di una regione o di una città. Esso poteva inoltre essere collocato “
in alto”, sulla cima di una
montagna (simbolismo ascensionale in cui il luogo sacro viene realizzato in un punto vicino al cielo) oppure “
in basso”, in una
grotta sotterranea.
Nel primo caso, la volta celeste ed il monte sono simboli “maschili” e fecondanti - si veda il simbolismo della pioggia e quello delle montagne (Davy, 2000) - mentre nel secondo caso la caverna sta a rappresentare la femminilità per eccellenza, la
Dea Madre, la Vulva originaria da cui tutto è generato. La conoscenza di questo simbolismo non è strettamente necessaria per l’indagine archeoastronomica (almeno per la fase di verifica degli orientamenti) ma si rivela fondamentale quando si vuole andare oltre, cercando una possibile chiave di lettura per gli allineamenti trovati.