INTRODUZIONE ALL’ARCHEOASTRONOMIA

« Older   Newer »
  Share  
Janus (Ale)
view post Posted on 5/12/2011, 15:10 by: Janus (Ale)
Avatar

Angelo

Group:
Administrator
Posts:
3,452
Location:
Novi Ligure (AL)

Status:


INTRODUZIONE ALL’ARCHEOASTRONOMIA


di Alessandro Lantero


Articolo completo in pdf: http://lantero.altervista.org/Download/Archeoastronomia.pdf



L’archeoastronomia è una scienza piuttosto recente (nata nel XIX secolo e sviluppatasi negli anni ’60 del novecento), che combina l’astronomia (mediante la simulazione dei cieli antichi) con i rilievi archeologici. Si potrebbe quindi dire che essa studia (oltre agli antichi documenti astronomici, con particolare riferimento ad antiche testimonianze di eclissi, supernove ed altri eventi astrali) l’allineamento di siti archeologici ai fenomeni celesti (solstizi ed equinozi, lunistizi ecc.). Questa però è solo la parte più famosa (e spettacolare) di questa disciplina: conoscere gli orientamenti serve a ben poco se non è accompagnato da un profondo studio del contesto in cui l’allineamento viene realizzato.
Vanno quindi prese in esame in primo luogo le cosmologie in uso nel periodo oggetto di studio (miti, questi, che si confondono inevitabilmente con quelli del pantheon delle divinità dell’epoca: non dobbiamo dimenticare che per gli antichi i corpi celesti erano a tutti gli effetti degli dei). Tale parte della disciplina si trova quindi al confine con lo studio dei miti antichi e con l’antropologia: spesso infatti per riuscire a comprendere il senso di quegli antichi racconti non basta analizzarli all’interno della propria cultura, ma diventa necessario ricorrere allo studio comparato di mitologie anche molto remote ed apparentemente senza alcun collegamento.
Un esempio di questo tipo di approccio lo troviamo nell’opera di Giorgio De Santillana: “Il Mulino di Amleto”: uno studio monumentale in cui vengono presi in esame miti di ogni cultura del globo onde poterne ricavare un “modello” del cosmo, visto secondo gli occhi degli antichi.
A questo proposito si è obiettato più volte che un simile atteggiamento rischia di risultare poco oggettivo, pescando materiale da realtà inevitabilmente prive di alcuna relazione. Cercare quindi di “cucire insieme” un discorso comune (a detta dei critici) finirebbe inevitabilmente per essere una forzatura priva di basi reali. Va però detto che non ci stiamo occupando di arte, architettura o poesia (discipline che inevitabilmente possono seguire percorsi diversissimi a seconda della civiltà presa in esame): stiamo invece parlando dell’”osservazione del cielo”, fatta tra l’altro con metodi “pre-scientifici” e quindi con occhi primitivi ed ingenui. Detto in altre parole, non bisogna scomodare misteriose influenze comuni per spiegare le analogie tra questi miti lontani: lo “spettacolo celeste” davanti agli occhi degli antichi era comune in ogni parte del mondo, e comune era ovviamente la tendenza a descriverlo con esempi concreti, propri della vita di tutti i giorni.

image002xv
Ovvio quindi che le metafore adottate fossero spesso molto simili, visto che condiviso da tutti i popoli era il background di vita vissuta cui attingere. Ecco quindi spiegato il motivo per cui nel cielo venivano viste macine da mulino con i buoi attaccati, fiumi colmi di pesci, voli di uccelli e cacciatori pronti a scoccare la propria freccia. Per fare un esempio eloquente, basti citare il simbolismo delle Pleiadi, minuscolo asterismo lungo la Via Lattea. La forma compatta di questa mini-costellazione impediva di variarne la forma unendola con altri corpi celesti vicini. La sua localizzazione sulla Via Lattea , che proprio in quel punto trova una specie di “strozzatura" in cui risulta meno brillante, portò gli antichi a vedere questo asterismo, ad esempio, come “un setaccio per la farina” oppure come “una rete per catturare uccelli”. Cambiano le immagini ma il fenomeno descritto è lo stesso.

image003vz
L’immagine era da collegarsi quindi a quella della vicina Via Lattea che (per il suo aspetto biancastro) era spesso immaginata come una scia di grano e farina che scorreva per il cielo. Il “mulino” che provvedeva alla macinatura non poteva che essere individuato dall’eterno moto di rotazione degli astri intorno alla stella polare. Subito sotto ad essa si vedevano i “sette buoi” (septem triones, da cui il moderno “settentrione”, ad indicare il Nord), ovvero le sette stelle dell’Orsa Maggiore che spingevano la macina stessa ed il “bovaro” Bootes ad accompagnarle nel loro movimento (Cresci, 2002, p. 42).
Un’altra prova dell’universalità dei simboli astronomici è data dalla spirale, forma geometrica antichissima, presente già nel paleolitico ed usata spessissimo su megaliti in relazione al moto del sole. Il riferimento solare è avvalorato (oltre che da verifiche sugli orientamenti astronomici nei siti in cui è presente) anche dalla semplice osservazione del movimento del nostro astro durante l’anno.
Agli occhi degli uomini primitivi, infatti, il Sole sembrava muoversi intorno alla Terra (al centro dell’universo) disegnando degli archi progressivamente più grandi più ci allontanava dal giorno del solstizio invernale, che era l’arco ( o “porta”) più stretto di tutti. In corrispondenza dei due equinozi il viaggio del sole arrivava ai suoi punti intermedi, per poi creare archi sempre più ampi fino alla massima ampiezza del solstizio estivo.
Ma cosa succedeva al sole durante la notte? Era intuitivo, per le conoscenze dell’epoca, immaginare che esso “passasse sotto la terra” per poi riapparire la mattina seguente dall’altra parte. Il percorso che avrebbe compiuto sarebbe quindi stata proprio una spirale! In realtà, ciò costituisce solo metà del “viaggio” annuale del sole, ovvero la parte che va dal solstizio invernale a quello estivo: per i successivi sei mesi vale ovviamente il percorso opposto, col Sole che inizia a percorrere archi sempre minori fino a ritornare al suo minimo invernale.


image008uf
Il percorso completo veniva quindi rappresentato con una spirale doppia, mentre alle due metà dell’anno (prese singolarmente) spettavano il simbolo della spirale destrogira (che ruota in senso orario, come quella in figura, qui sopra) per il periodo che va dall’inverno all’estate, e la rappresentazione di quella antioraria (levogira, speculare rispetto alla precedente) per il periodo estivo-invernale (Cossard, 2010, pp. 23 e segg.).

image006bae



Edited by Janus (Ale) - 6/12/2011, 19:12
 
Web  Top
14 replies since 5/12/2011, 15:10   5090 views
  Share