Meridiane moderne e astrometria: Giandomenico Cassini a San Petronio, Autore: Davide Arecco UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

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Meridiane moderne e astrometria: Giandomenico Cassini a San Petronio (BO)


Davide Arecco

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA



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Giandomenico Cassini, si sa, è una delle maggiori glorie scientifiche della Liguria. A Genova visse la propria formazione, sostanzialmente gesuitica e, quindi, tradizionale. La grande svolta della sua vita si materializzò nel 1649: sul finire di quell’anno, il felsineo Cornelio Malvasia, astronomo e soldato di vaglia, lo invitò, ammirato come tutto il Senato bolognese, a trasferirsi in Emilia. Cassini poté così frequentare il prestigioso e rinomato ambiente culturale dell’Università di Bologna. Fece, tra gli altri, la conoscenza del Generale di artiglieria del Duca di Modena, il Marchese Bismantova (mecenate e cultore di scienze astrologico-astronomiche). L’interesse per le tecniche belliche e per la balistica sorse in lui in tale circostanza. Malvasia e Bismantova erano in sostanza uomini d’arme, appassionati di scienza e protettori influenti.
Cassini fu, dal 1651, professore di astronomia a Bologna, grazie al sostegno di Malvasia, suo grande estimatore. Si interessò, da subito, alla meridiana (Bologna, Biblioteca del Dipartimento di astronomia, Ms. DC. F. 39v) e rivelò un interesse archeometrico non ignoto all’età moderna, eppure non sempre adeguatamente ricordato. A fine novembre del 1655 sostò a Bologna Cristina di Svezia, diretta a Roma. Cassini la conobbe e la iniziò alla passione per gli studi astronomici, donandole alcuni disegni della meridiana felsinea e alcuni strumenti per i rilevamenti celesti. Opere cassiniane di questa fase sono il Novum lumen astronomicum ex novo heliometro e soprattutto la Controversia prima astronomica exposita (una verifica sperimentale del modello kepleriano).
Cassini, dalla Torre degli Asinelli, fece studi sulla rifrazione atmosferica, adottando metodi di stampo archimedeo e galileiano, quindi atti a matematizzare i fenomeni fisici. Tentò poi di risolvere il problema legato alle periodiche piene del Po. Altre incombenze ricevette poi dalla Congregazione delle Acque e si occupò, non senza competenza, di idraulica. Servendosi delle tavole di rifrazione e delle effemeridi del Sole da lui redatte, il Malvasia pubblicò, nel 1662, le Ephemerides novissimae motuum coelestium.
Tra il 1664 e il 1665, Cassini compì osservazioni su Giove e sui suoi satelliti. Nel 1666 studiò la rotazione assiale di Marte e le macchie che compaiono durante le sue diverse fasi (Martis circa proprium axem revolubilis, con dati confermati poi a Roma dai rilievi telescopici di Campani). Nel 1668 osservò la così detta ‘luce zodiacale’ (un chiarore biancastro simile a quello della Via Lattea), fornendo un’ipotesi di spiegazione cometaria nella Spina celeste meteora. Sempre 1668 apparvero le Ephemerides bononienses mediceorum syderum, ossia tavole dei moti quotidiani e dei tempi delle eclissi degli astri medicei, rispetto al meridiano passante per Bologna. Grande il pregio delle tavole: esse consentivano di calcolare la longitudine geografica e si diffusero con rapidità in tutta Italia ed Europa. A Bologna, intanto, Cassini era divenuto collega e amico di Geminiano Montanari, grande figura della scienza seicentesca, colui che lasciò in eredità il galileismo barocco all’Illuminismo del Settecento.
A Bologna Cassini intraprese studi di gnomonica e di orologi solari. Rilesse al riguardo il De architectura di Vitruvio (libro IX). Egli ricostruì l’analemma vitruviano applicandolo al caso di San Petronio, dandone una rappresentazione grafica e strutturandolo in base alla triade cateto verticale – cateto orizzontale – ipotenusa (evidente l’impostazione pitagorica data alla soluzione del problema posto).
Cassini, divenuto intanto «astronomo primario dello Studio di Bologna, matematico pontificio e dell’Accademia Reggia delle Scienze», licenziò per le stampe la seconda edizione della Meridiana del Tempio di San Petronio [...] nuovamente esaminata il 31 di agosto 1695. L’opera fu pubblicata dall’erede di Vittorio Benacci, con licenza de’ superiori.
Nel libro si tratta «dell’antica linea gnomonica di San Petronio comparata colla meridiana» (p. 4), fornendo una precisa «descrizione della meridiana di San Petronio» (p. 7), non senza le apposite note sul metodo di lavoro seguito (p. 8). Cassini si diffonde, poi, a trattare «dell’esattezza, che può attendersi da questa linea» (p. 12), «de’ primi saggi d’osservazioni della meridiana di San Petronio» (p. 14), «delle variazioni arrivate doppo la descrizione della meridiana alla Fabrica di San Petronio» (p. 17), della «ristorazione della meridiana» (p. 18) e «degli usi della linea» (p. 20). Segue, a questo punto, concludendo il testo cassiniano, una «tavola delle tangenti delle distanze dal vertice calcolata à tutte le parti centesime, e millesime del raggio» (p. 22). Nella Memoria aggiunta poi da Domenico Guglielmini – (1655-1710), sovrintendente alle acque, pubblico lettore di Matematiche in Bologna, assistente del Cassini nel delicato lavoro di controllo tecnico della meridiana – abbiamo un trattato «delle operazioni fatte, e delli strumenti adoperati nell’ultima ristorazione della meridiana» (p. 38), «della ratificazione del perpendicolo» (p. 39), «della situazione della linea nel mede[si]mo piano orizzontale» (p. 41), «della divisione della meridiana» (p. 43), per passare quindi a discutere «della situazione de’ segni del Zodiaco, hore della notte, e seconde, e terze della circonferenza terrestre» (p. 46), della «descrizione dello strumento per misurare l’altezza del Polo col mezzo della meridiana di San Petronio» (p. 47) e «del modo di osservare li luoghi del Sole nella meridiana di San Petronio, e del calcolo delle osservazioni, al 1° giugno 1695» (pp. 50-54). Chiudono il libro una «tavola della parte proporzionale degl’archi dovuta alla differenza delle tangenti» (p. 55) e un imprimatur della S. Inquisizione cui seguono quattro grandi tavole fuori testo (p. 76).
La grande meridiana realizzata da Cassini nel 1655 e restaurata nel 1695 perse inevitabilmente precisione, a causa dell’erosione dovuta al trascorrere del tempo, sino a che – nel 1776 – il Senato bolognese incaricò Eustachio Zanotti di provvedere a una completa ricostruzione dello strumento.
Zanotti si preoccupò, pertanto, di rilevare i valori dimensionali più significativi per conservarli nel nuovo impianto: i solstizi d’estate e di inverno, gli assi centrali e quelli minori. Sul lato orientale della meridiana furono da lui conservate le unità modulari, con la progressione binaria, mentre su quello occidentale si preferì indicare ore e minuti secondo il computo liturgico dell’ora italica. Sulla basilica di San Petronio era intanto già stato installato (nel 1758) l’orologio meccanico di Domenico Maria Fornasini, la cui macchina disponeva di congegni in grado di calcolare il valore quotidiano dell’equazione del tempo, facendo coincidere quello medio (moto uniforme) e quello vero (dato dal Sole). La meridiana regolava quindi il tempo dei bolognesi, l’orologio ne traduceva e confermava i dati in termini ingegneristici. La costruzione della meridiana è rimasta, oggi, un semplice motivo di curiosità, ma solo perché siamo abituati al fuso orario, che fornisce il tempo medio, non quello vero, uguale per tutti i paesi che lo adottano. Per Cassini e per gli uomini della sua generazione – dotti ma non solo – le meridiane erano utili e importanti. Il mondo ecclesiastico di allora, anche per i diversi problemi connessi al computo e al calendario (riformato da padre Clavio, alla fine del XVI secolo), non smise mai di interessarsene. Cassini risiedeva a Bologna, dunque nei territori soggetti agli Stati della Chiesa. Naturale che le preoccupazioni astronomiche andassero a braccetto con quelle di tipo religioso. Cassini stesso, tra l’altro, fece suo il modello cosmologico geostatico di Tycho Brahe, che i gesuiti gli avevano insegnato e fatto apprezzare negli anni liguri della sua formazione. Lo schema ticonico era in auge, a Bologna e Roma, grazie all’Almagestum novum (1651) di padre Gian Battista Riccioli e Cassini prudentemente si adeguò. Seguire Tycho Brahe era infatti un ottimo escamotage per uscire dalle pastoie aristoteliche e dalle finzioni tolemaiche, senza con ciò dirsi copernicani (lo erano all’epoca tutti: esplicitamente nell’Europa protestante e implicitamente in quella cattolica). In secondo luogo, Tycho Brahe rappresentava un modello ineguagliato di fare scienza, con attenzione per un vero e proprio studio statico e meccanico degli strumenti astronomici, fondamentali per poter disporre di corrette e attendibili osservazioni celesti. In Tycho, Cassini vide chiaramente come poter costruire la scienza degli astri, lontano dalle dispute teorico-filosofiche e vicino piuttosto alla verità data da dispositivi tecnici e apparati strumentali, meridiane incluse. In effetti, l’autentica grandezza di Cassini non è da ricercarsi nella storia dei sistemi cosmologici (sulla quale, e troppe volte, viene appiattita la storia della astronomia), quanto, semmai, in quella di osservazioni mediante strumenti e rilievi matematici precisi.
Dopo il 1694, quando scese negli antichi stati italiani per un piccolo Grand tour, Cassini fu a Roma e di nuovo Bologna, dove collaborò con il generale Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730), scienziato ed oceanografo, alla rinascita delle ricerche astronomiche sul piano livello accademico-istituzionale. In quegli stessi anni, Marsili era impegnato a convincere il papa – e ad un pontefice, Alessandro VII, nel 1665 Cassini aveva dedicato alcune poesie d’argomento astronomico – riguardo alla necessità di costruire, in Bologna, una specola. Marsili commissionò, a tale scopo, anche alcuni dipinti vaticani di cui si sa poco (ne rimangono alcune copie, eseguite dal Creti). Sempre a fianco di Marsili, Cassini ripeté a Bologna le trasfusioni realizzate in Inghilterra da Richard Lower e compì studi di storia naturale. Un talento – il suo – davvero poliedrico e proteiforme, in linea peraltro con i paradigmi eruditi dell’enciclopedismo del ‘600.

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Edited by Janus (Ale) - 4/12/2011, 18:20
 
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