La basilica milanese di San Lorenzo: i mosaici del sacello di Sant'Aquilino

« Older   Newer »
  Share  
Ermelinda
view post Posted on 8/10/2010, 15:05




E allora domandiamoci quali sono gli altri sacelli coevi o quasi nella città di Ambrogio.
Sicuramente uno, da alcuni ricondotto proprio alle iniziative di Stilicone, il mausoleo presso la basilica di San Vittore al Corpo. Nel Duomo esiste ancora un grande sarcofago di porfido da qui proveniente. Questo edificio funerario era posto al centro di un recinto poligonale, che delimitava un'area funeraria privilegiata, lungo le pareti erano stati predisposti arcosoli su colonne per contenere i sarcofagi e le tombe di rango e la forma delle sue mura, caratterizzate da torrette angolari cilindriche, poteva ricordare la Gerusalemme celeste, forse con richiamo al premio divino per un sovrano cattolico (https://image.forumfree.it/5/1/0/4/3/1/3/1286545315.jpg). La similitudine formale con la cappella di Sant'Aquilino è evidente, tanto che si è pensato appunto a una funzione di mausoleo imperiale anche per il nostro sacello di San Lorenzo. Non conosciamo però nulla circa la sua decorazione.
Ci potrebbe però venir in aiuto il confronto con l'altro sacello, per me coevo, quello di San Vittore in Ciel d'Oro, in cui vengono celebrati i santi locali più importanti, in linea con il culto dei martiri promosso dal vescovo - e poi dai suoi successori - (come a Roma stava facendo papa Damaso), "mattone" fondamentale per l'opera di costruzione della sua diocesi tutta nel segno della promozione della fede nicena. Forse potrebbe esser utile ragionare sullo stile e sull'iconografia anche di questo edificio.

Saluti!
 
Top
MarcoSupersonic
view post Posted on 8/10/2010, 15:19




Riprendo il mio stesso invito a rianalizzare la scena nel dettaglio, dato che molti occhi vedono meglio di due; questo è quanto appare a me:

La scena presenta una parte inferiore ed una superiore, la prima caratterizzata da un paesaggio naturale, la seconda da un fondo aureo. Il paesaggio naturale è verdeggiante, anche se è prevalentemente composto da roccie. A sinistra e a destra compaiono due specchi d'acqua, apparentemente alimentati da due cascatelle poste ai margini della scena. Agli specchi d'acqua si abbeverano alcuni animali, rispettivamente una pecora sulla sinistra, e quella che a me non pare una pecora (forse una mucca, seguita da un vitellino?) sulla destra. Altre due pecore sono presenti sulla scena, almeno uno di queste sembra molto interessata a un fiore; questi tra l'altro sono multicolori e copiosamente presenti sulla scena. Almeno un'altra pecora (forse due?) sembrava esistere nell'originale, almeno stando alla sinopia. Le figure umane sono tre: quella a sinistra e a destra sono caratterizzate dallo stesso abbigliamento e da due attributi che li identificano come probabili pastori: un bastone ed un corno (se si tratta di un corno). Il pastore di sinistra è in piedi, sta camminando ed indica col dito verso l'alto (e leggermente verso le sue spalle). Il pastore di destra è sdraiato con un braccio dietro la testa, apparentemente si sta riposando e si disinteressa della scena. Al centro c'è un misterioso personaggio in gran parte lacunoso: da quel che resta si capisce che è seduto e che indossa un cappello, che sembra quasi un cappello da pescatore (o meglio, quello che OGGI si direbbe un cappello da pescatore). Guarda leggermente verso l'alto e, da quel che rimane della veste, pare abbia le braccia tese verso l'alto.
La parte superiore è quasi interamente perduta. S'intravedono due cavalli che attraversano il cielo aureo volando con le zampe su una coltre di nubi. Dalle zampe in primo piano e dalla sinopia (che comunque differisce abbastanza dal mosaico compiuto) comprendiamo che doveva trattarsi di una quadriga. Purtroppo nulla ci viene in soccorso riguardo l'auriga. Tutto ciò che si vede è un lembo di mantello svolazzante grossomodo al centro del mosaico.

CITAZIONE
i personaggi in primo piano sembrerebbero totalmente ignari di ciò che sta succedendo sopra di loro

Beh, non direi si possa affermare con certezza che i personaggi in primo piano siano ignari, anzi almeno due SEMBRANO alludere in qualche modo a ciò che sta avvenendo in alto. Tuttavia è vero che il clima è molto diverso da quello della formella di S. Sabina. Di certo i pastori non stanno assistendo a qualcosa che li spaventi o li turbi più di tanto. Soprattutto gli animali sono lo specchio della tranquillità e dell'armonia.
Un'altra difficoltà, rispetto all'idea che la raffigurazione riguardi un'Ascensione di Elia sta nel fatto che la quadriga pare stia volando in orizzontale, piuttosto che ascendere verso l'alto.

Pecore, pastori, fiori, specchi d'acqua...un perfetto idillio bucolico. Sembrerebbe certamente più adatto ad una rappresentazione edenica che ad un episodio drammatico come l'ascesa o il ritorno di Elia (almeno come questo è configurato dagli apocrifi che abbiamo analizzato).

CITAZIONE
Ci potrebbe però venir in aiuto il confronto con l'altro sacello, per me coevo, quello di San Vittore in Ciel d'Oro, in cui vengono celebrati i santi locali più importanti, in linea con il culto dei martiri promosso dal vescovo - e poi dai suoi successori - (come a Roma stava facendo papa Damaso), "mattone" fondamentale per l'opera di costruzione della sua diocesi tutta nel segno della promozione della fede nicena. Forse potrebbe esser utile ragionare sullo stile e sull'iconografia anche di questo edificio.

Vedo adesso il messaggio di Ermelinda, abbiamo postato quasi in contemporanea. D'accordo a discutere del sacello di San Vittore (che come accennavo prima, è per me più tardo): però dalle premesse ho idea che la discussione per la datazione coinvolgerebbe per forza di cose i monumenti ravennati, quindi forse "intaserebbe" un pò il post di San Lorenzo.
Decidete comunque voi se aprire un post a parte o continuare qui.
 
Top
Ermelinda
view post Posted on 8/10/2010, 15:31




a me sembrerebbe che i personaggi in primo piano non vedano, perché non possono vedere, ciò che sta succedendo in una sfera interdetta allo scibile umano. Tutti i pastori mostrano le tipiche pose classiche riprese continuamente in età tardo-antica: il gesto del dubbio, la figura distesa; e quasi sempre solo citate, quindi con un intento revivalistico non intenzionale. Un esempio tra i mille: Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 3867 Virgilio romano, f. 16r, https://image.forumfree.it/5/1/0/4/3/1/3/1286548703.jpg (mi scuso per la risoluzione). Non le vedo collegate alla parte superiore del mosaico.

Circa l'apertura o meno di un altro post per me è lo stesso, rimando a voi la decisione ^_^
 
Top
view post Posted on 8/10/2010, 16:48

Stupor Mundi

Group:
Moderatori Globali
Posts:
2,459

Status:


Per quanto riguarda il pastore, sulla sinistra, che sembra indicare qualcosa, il mio sospetto è che indichi un possibile oggetto o personaggio che - forse - si poteva trovare sopra di lui.
CITAZIONE
forse una mucca, seguita da un vitellino?)

Potrebbe essere un cervo? Nel caso, si potrebbe forse pensare ad un cervo che si abbevera alla fonte, con tanto di riferimento biblico.
CITAZIONE
si vede è un lembo di mantello svolazzante grossomodo al centro del mosaico.

Ammetto poi che la faccenda del mantello mi inquieta un po': ma il racconto non dice che Elia lasciò il mantello ad Eliseo (ma forse questo particolare è stato già notato da altri, in precedenza)? Nel mosaico, tuttavia, il mantello sembra svolazzare dalle spalle del personaggio sul carro.
Poi, come avete accennato, anche la ragione della presenza dei pastori non mi pare chiarissima.
Avevo comunque trovato queste immagini di un sarcofago www.gliscritti.it/gallery2/v/album_...ni+007.jpg.html
www.gliscritti.it/gallery2/v/album_...ageViewsIndex=1
ove si nota la connessione tra l'ascensione di Elia (resa in modo diverso rispetto a Milano) e la scena di Cristo tra gli apostoli, con tanto di Gerusalemme celeste sullo sfondo.
Tra l'altro, mi pare che la stessa posa del pastore sulla destra nel mosaico di Milano appartenga, nel sarcofago, più o meno, ad una personificazione del fiume (Giordano, forse?).
Sorge allora il dubbio: ciò che si vede impugnato dal pastore di destra - con la sua mano sinistra - non potrebbe essere una sorta di recipiente?
Ad ogni modo, ammetto che, facendo mente locale a tutti questi particolari, la mia idea sulla presenza di Elia nel mosaico si sta un po' appannando.
Ciao.
P.s. Per la valutazione sull'eventuale apertura di una nuova discussione sul sacello di San Vittore in Corpo, lascio valutare a Janus, che è il curatore del forum.
 
Top
MarcoSupersonic
view post Posted on 8/10/2010, 16:52




Forse, prima di parlare di San Vittore in Ciel d'oro, è il caso di fare un passo indietro e tornare alla questione del Cantico dei Cantici.

CITAZIONE
Non sapevo che Ambrogio avesse scritto un commento al Cantico dei Cantici, in ogni caso pare che la rappresentazione canonica della quadriga di Aminadab includesse i simboli degli evangelisti, ma anche in questo caso mi baso su testimonianze del XII secolo

In effetti Ambrogio NON ha scritto un vero e proprio commento sul Cantico dei Cantici, tuttavia - cito sempre l'Opera Omnia - nei suoi scritti, specie nel De Isaac e nell'Expositio psalmi CXVIII tale testo biblico è largamente impiegato e commentato. Non dobbiamo quindi stupirci se, nel sec. XII, si pensò di riunire in un'opera organica i numerosissimi riferimenti ambrosiani [...] autore di questa impresa fu Guglielmo di Saint-Therry (1075-80 - 1148) [...] A differenza di quanto ci saremmo potuti aspettare, l'intervento di Guglielmo è estremamente limitato e ben poco significativo. I passi di raccordo a lui dovuti sono scarsissimi e senza particolare rilievo. Di conseguenza ci troviamo di fronte a un florilegio la cui linea [...] è segnata in modo esclusivo dal testo biblico.

CITAZIONE
Senza che me ne accorgessi, il desiderio mi ha posto sul cocchio del principe del mio popolo»

Leggiamo allora cosa dice il florilegio di Ambrogio a proposito della citazione di Ermelinda:
(Commento ambrosiano al Cantico dei Cantici, VI, 17-19)
Aminadab mi fece come i carri, poiché l'anima è congiunta al corpo e, come un carro di cavalli frementi, cerca un auriga che lo guidi. Aminadab infatti, come leggiamo nei Numeri, fu padre di Naasson, che era principe del popolo di Giuda, la cui figura si riferisce a Cristo, che è vero principe del popolo, salendo, per così dire, come un auriga sul suo cocchio, guida l'anima del giusto con le briglie della parola, affinché dalla furia dei cavalli impetuosi non sia trascinata nel precipizio e tra scoscendimenti. Essa infatti ha quattro passioni simili a quattro cavalli: ira, cupidigia, piacere, timore: quando comincia ad essere sospinta dal loro impeto, non riconosce assolutamente se stessa. [...]
18 Questa è la preveggenza del Verbo, come quella di un esperto auriga, intesa ad ottenre che il corpo mortale, congiunto a quell'anima che in sé non è soggetta alla morte, non renda difficile la guida di sé. Anzitutto domi dunque questi impetuosi moti del corpo e li freni con le redini della ragione; poi stia attenta che, come cavalli, non la coinvolgano in un movimento non coordinato, così che o il cavallo bizzoso metta in difficoltà quello buono o quello lento sia ostacolo o quello ombroso provochi agitazione. Freme, infatti, il corpo di malizia e, agitandosi, danneggia il carro, è di ostacolo al compagno. Il buon auria lo accarezza e lo lascia libero nel campo della verità, evita le tortuosità dell'inganno. Il percorso verso l'alto è sicuro, pericolosa la discesa verso il basso. Perciò, come degli emeriti, che hanno portato disciplinatamente il giogo del Verbo, sono condotti fino al presepe del Signore, nel quale non è cibo il fieno, ma il pane che discende dal cielo. Di questo carro, sono ruote quelle di cui disse il profeta: E nelle ruote c'era il soffio della vita, perché il carro dell'anima, ben costruito e ben tornito, corre senza trovare ostacoli.
19 Aminadab mi fece come i carri. L'anima dunque è un carro che porta un buon auriga. [...] i cavalli buoni volano e dalla terra si sollevano verso l'alto ed innalzano l'anima, soprattutto se hanno il giogo soave e il peso leggero di Colui che dice: "Prendete il mio giogo sopra di voi; infatti il mio giogo è soave e il mio peso è leggero.
20 [...] Pertanto è possibile, con una visione spirituale, vedere ciascuna anima venir rapita in cielo con una combattutissima gara, i cavalli che si affrettano per giungere primi al premio di Cristo, affinché sul loro collo si ponga prima la palma della vittoria. questi sono i cavalli sottoposti al giogo della fede, legati dal vincolo della carità, dal morso della giustizia, dalle briglie della sobrietà.
21. Ben a propostio dice dunque: Mi fece come i carri Aminadab, cioè il padre del popolo [...] capirai che è amante della pace quell'anima che abbia Dio Padre per padrone, Cristo per auriga; perché sta scritto questo nome nei nostri libri: Padre, Padre, auriga d'Israele.

Significativo, mi pare...che ne dite? ^_^
Ho dato un'occhiata anche ai capitoli seguenti, non ho potuto leggerlo tutto perché è veramente lungo...ci sono, com'è normale che sia, visto che è un'opera dedicata al Cantico dei Cantici, un sacco di riferimenti a giardini e paesaggi bucolici...secondo voi ci sono gigli nella nostra lunetta?

CITAZIONE
Potrebbe essere un cervo? Nel caso, si potrebbe forse pensare ad un cervo che si abbevera alla fonte, con tanto di riferimento biblico.

Si :P è sicuramente un cervo, ci avevo pensato proprio leggendo nel commento vari riferimenti a cervi che si abbeverano...mi sembrava un pò magra come mucca :D però pure loro potevano farle un pò più evidenti le corna! ;)

CITAZIONE
Tutti i pastori mostrano le tipiche pose classiche riprese continuamente in età tardo-antica: il gesto del dubbio, la figura distesa; e quasi sempre solo citate, quindi con un intento revivalistico non intenzionale.

D'accordissimo sul pastore sdraiato, mentre per il gesto del dubbio, io lo conoscevo con la mano sotto il mento: ma se esiste anche in questa forma, allora hai certamente ragione tu. Riguardo al personaggio centrale si potrebbe a questo punto cercare se quella foggia particolare di cappello fosse indice di una qualche tipologia di personaggio precisa.
 
Top
MarcoSupersonic
view post Posted on 8/10/2010, 17:29




Aggiungo due cose, anche perché poi devo andar via e non so se potrò riprendere la discussione prima di domani: questi sono gli altri due passi del Commento Ambrosiano, relativi al Cantico dei Cantici 6, che potrebbero adattarsi alla nostra lunetta.

1 Il mio diletto, dice, discende nel suo giardino, all'aiola del balsamo, per ricrearsi nei giardini e raccogliere gigli. Conosce dove cercare il Verbo: sa che si trova tra le orazioni dei santi e che è loro unito, e comprende che ricrea la sua Chiesa e le anime dei giusti tra i gigli. Ti ha rivelato questo mistero nel Vangelo, quando di sabato conduceva i discepoli tra i seminati. Mosé condusse il popolo dei Giudei attraverso il deserto, Cristo conduce tra i campi seminati, Cristo conduce attraverso i gigli, perché in virtù della sua passione, il deserto fiorisce come un giglio. Seguiamolo dunque, affinché nel giorno di quel grande sabato, in cui regna una grande pace, possiamo raccogliere i frutti.
15 Sono discesa nel giardino dei noci per vedere la nascita del torrente. Dov'è infatti la Chiesa se non dove fioriscono la vera e la grazia sacerdotale? Lì capita di frequente che sia messa alla prova nelle amarezze e nelle tentazioni, ma tuttavia sopportabili, perché sta scritto: la nostra anima ha sorpassato il torrente. Perciò discese nel luogo dell'amarezza, dove fioriscono la vite e il frutto, vario e molteplice nell'aspetto, del melograno che, come da un'unica protezione di tutto il corpo, è difeso dalla fede e dalla carità.
16 Dunque in quell'amarezza l'anima non riconobbe se stessa, perché il corpo corruttibile opprime l'anima e l'abitazione terreno presto crolla. Peò si deve sempre riconoscere. Ma Pietro fu tentato, e anche Pietro non si riconobbe [...] Ma Cristo lo conobbe [...] Infatti il Signore conosce quelli che li appartengono e poiché era suo, come un buon auriga lo ritrasse dalla caduta con il morso della misericordia. Cristo, dunque, è il nostro auriga.



 
Top
view post Posted on 8/10/2010, 18:12

Stupor Mundi

Group:
Moderatori Globali
Posts:
2,459

Status:


CITAZIONE
Si è sicuramente un cervo, ci avevo pensato proprio leggendo nel commento vari riferimenti a cervi che si abbeverano...mi sembrava un pò magra come mucca però pure loro potevano farle un pò più evidenti le corna!

Bhè, la cosa, allora, dal punto di vista del significato complessivo, non mi pare irrilevante.
Infatti, tradizionalmente, il cervo che si abbevera alla fonte - citato in un salmo che ora non ho presente quale sia - è riferibile all'anima del credente che si abbevera alla fonte che è la parola del Cristo.
Anche in relazione ai testi che hai riportato, la cosa può far pensare.
Ciao.
 
Top
Ermelinda
view post Posted on 9/10/2010, 10:31




Vorrei cliccare su "mi piace" come si fa su Facebook... Marco, grazie per la trascrizione. Che ne dite, potrebbe essere plausibile?
Ricapitoliamo allora gli interrogativi che seguono:
- chi è il personaggio col cappello, a quale iconografia rimanda (non è certo il tipico berretto di foggia orientale);
- quali altre testimonianze coeve si conoscono dell'ipotetica quadriga di Aminadab? Potrebbe essere la prima rappresentazione o quasi di tale soggetto? Se sì è facile che l'artista abbia attinto al repertorio pagano e soprattutto all'iconografia imperiale (scena dell'Adventus in primis o Apoteosi dell'imperatore), prendendo a prestito motivi ai nostri occhi non giustificabili immediatamente (notevoli somiglianze notiamo ad esempio nella patera di Parabiago della fine del IV secolo: si guardi il particolare dell'orlo superiore sinistro, https://image.forumfree.it/5/1/0/4/3/1/3/1286616336.jpg);
- oltre al sarcofago romano postato, ci siamo dimenticati ahimé di quello della Basilica di Sant'Ambrogio che presenta appunto Traditio Legis + Ascesa al cielo di Elia (https://image.forumfree.it/5/1/0/4/3/1/3/1286616530.jpg / http://commons.wikimedia.org/wiki/File:870...12-Apr-2008.jpg). È vero però che qui, come in quasi tutte le altre rappresentazioni, i protagonisti della scena (Elia ed Eliseo) sono vestiti di tunica e pallio, i nostri indossano invece una tunica breve comune alle figure dei pastori (http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/wi...97037bbfbfdb007).
Pienamente concorde sul significato del cervo e delle pecore.

Un saluto!

Edited by Ermelinda - 9/10/2010, 12:34
 
Top
MarcoSupersonic
view post Posted on 9/10/2010, 17:52




CITAZIONE
È vero però che qui, come in quasi tutte le altre rappresentazioni, i protagonisti della scena (Elia ed Eliseo) sono vestiti di tunica e pallio, i nostri indossano invece una tunica breve comune alle figure dei pastori

Prendendo spunto anche dall'acuta osservazione di Flavius per cui il mantello, l'unica cosa che Elia non dovrebbe avere, è l'unico particolare rimasto visibile nella figura sulla quadriga, direi che potremmo arrischiarci ad escludere che l'opera rappresenti l'Ascensione di Elia. Senza contare l'ambientazione, né il supposto Eliseo, né il supposto Elia (il suo mantello, ma anche la quadriga) sono coerenti con il racconto biblico e con l'iconografia canonica dell'episodio.
Voi che ne pensate?

Andrebbe esclusa anche l'ipotesi, invero nebulosa, del Ritorno di Elia: a parte che non abbiamo esempi figurativi, i testi apocrifi che abbiamo avuto modo di consultare non danno molti appigli: naturalmente, sempre non salti fuori qualcosa di nuovo e particolare.

Nebulosa appare, se mi si consente l'ironia, anche l'ipotesi del Cristo-Helios. "Relitto" pagano per eccellenza, oltre a parermi fuori tempo a Milano nel sec. V. non mi risulta nemmeno abbia una chiara funzione iconografica, almeno non una tale da poterla adattare al nostro contesto.

Rimane l'ipotesi di Ermelinda: trovato l'appiglio nei sermoni di Ambrogio, viene a cadere il mio scetticismo a proposito della citazione del Cantico dei Cantici. Tuttavia vorrei capire bene cosa stiamo cercando e cosa ci aspettiamo di trovare: se parliamo della quadriga di Amminadìb come dall'esegesi di Onorio di Autun oppure se parliamo della quadriga di Amminadìb come base della metafora platonica di Ambrogio a proposito dell'anima e del suo auriga.
Anche perché, riguardo al versetto "Non lo so, ma il mio desiderio mi ha posto sui carri di Ammi-nadìb.", credo che Ambrogio, se ho capito bene, leggesse il Cantico dei Cantici in una traduzione diversa (che DOVREBBE essere "Ammi-nadib mi fece come i carri").
Ammettendo di seguire Ambrogio (ma ditemi voi che ne pensate) rimane da capire cosa rappresenti il pannello, in linea generale intendo: escludendo che possa essere una vera illustrazione di una predica del grande vescovo (mi parrebbe un tantinello eccessivo :huh: , però anche qui, attendo conferme), potrebbe trattarsi di un'illustrazione del Cantico dei Cantici? Oppure siamo davanti a un "concetto" più complicato, ovvero un'immagine "originale" sviluppata a partire dal Cantico e dall'esegesi di Ambrogio (che, qui giova dirlo, si basava fortemente su quella di Origene, per i passi che abbiamo trattato)?
In quest'ultimo caso, si potrebbe aggiungere che Ambrogio "da qualche parte" (ho letto troppe robe tutte insieme :wacko: ) accennava ad una similitudine tra le rappresentazioni pagane di corse di cavalli e la "corsa dell'anima": come nelle prime, dopo i cavalli, venivano rappresentati personaggi seduti (i dignitari e l'imperatore, forse?), nella seconde, dopo la corsa, ci sarebbe stato il riposo, seduti comi chi è già arrivato e non corre più (e qui il riferimento era proprio agli Apostoli, anche se non ricordo com'era formulato).

Non so se si capisce bene il senso di quello che ho scritto :blink: ma devo andare e non ho il tempo di rimediare: spero riusciate a "tradurmi"! ;)

Saluti.
 
Top
Ermelinda
view post Posted on 9/10/2010, 18:15




Ti sei spiegato benissimo, io direi:

CITAZIONE
parliamo della quadriga di Amminadìb come base della metafora platonica di Ambrogio a proposito dell'anima e del suo auriga

È sicuramente un'ipotesi un po' cervellotica, ma non abbiamo né dati sul resto della decorazione del sacello, né possibili confronti (se poi ne esistevano di precedenti). Se volete possiamo arrangiare una conclusione sul ciclo, resta il fatto che le considerazioni da noi prodotte mi sembrano decisamente apprezzabili e ne sono molto felice :D , alla faccia dei "Nordhagen"...

Buona serata!
 
Top
view post Posted on 10/10/2010, 12:23

Stupor Mundi

Group:
Moderatori Globali
Posts:
2,459

Status:


CITAZIONE
il mantello, l'unica cosa che Elia non dovrebbe avere, è l'unico particolare rimasto visibile nella figura sulla quadriga, direi che potremmo arrischiarci ad escludere che l'opera rappresenti l'Ascensione di Elia. Senza contare l'ambientazione, né il supposto Eliseo, né il supposto Elia (il suo mantello, ma anche la quadriga) sono coerenti con il racconto biblico e con l'iconografia canonica dell'episodio.
Voi che ne pensate?

Bhè, la questione del mantello, a mio parere, è significativa ma forse, non del tutto decisiva.
Ad es., a S. Donnino a Fidenza, la cosa è resa così :
image
Più decisiva mi parrebbe un'eventuale presenza di Eliseo, ma qui sembrerebbe proprio non essere presente.
Altra questione: nell'immagine dell'ascensione di Elia in S. Sabina postata da Ermelinda https://image.forumfree.it/5/1/0/4/3/1/3/1286014829.jpg
si nota la presenza di personaggi che sembrano disporre di piccone e vanga e che, per certi versi, potrebbero corrispondere ai pastori che si vedono nel mosaico; non solo: si notano anche immagini di animali (una lucertola ed una lumaca) che, per certi versi, potrebbero essere messi in analogia con gli animali che si vedono in S. Aquilino.
Ora, mi pare ci si potrebbe chiedere quale sia il rapporto tra l'ascensione di Elia ed i personaggi (mi sembrano pastori anche quelli di S. Sabina) che assistono alla scena, dal momento che nelle scritture tale riferimento a personaggi vari oltre che ad Eliseo non esiste (a meno che non si voglia intendere per essi i "figli dei profeti").
Da questo punto di vista, l'indagare su eventuali studi iconografici compiuti sulla formella di S. Sabina potrebbe magari essere costruttivo ed illuminare, di conseguenza, anche l'iconografia milanese.
D'altra parte, lasciando da parte l'eventualità di Elia, le possibilità citate (Cantico dei cantici, Oracoli sibillini), per quanto interessanti, mi pare non portino a contemplare la presenza di persone sulla scena.
A questo punto, direi che: o si è in presenza di una raffigurazione legata ad un'interpretazione patristica di una scena biblica, oppure, un'alternativa potrebbe essere quella di considerare che sul lato est (non a caso) si sia inteso rappresentare l'alba (senza necessariamente chiamare in causa concetti connessi al "sol invictus"); solamente che, nel caso, sarebbe stato coerente rappresentare poi il tramonto sull'altro lato, mentre invece, mi par di capire, si trova il Cristo tra gli apostoli.
Insomma, alla fin fine,ammetto che nel presente intervento ho provato a raccogliere, per quel che mi è riuscito, qualche idea per tentare di tirare le somme, anche se è evidente che il significato della scena, almeno per me, rimane comunque del tutto nebuloso.
Ciao.
 
Top
MarcoSupersonic
view post Posted on 11/10/2010, 13:31




CITAZIONE
Bhè, la questione del mantello, a mio parere, è significativa ma forse, non del tutto decisiva.
Ad es., a S. Donnino a Fidenza, la cosa è resa così :

:o: Accidenti, devo dire che lo scultore di S. Donnino non dà proprio l'idea di sentirsi vincolato dalle iconografie canoniche!!

CITAZIONE
si nota la presenza di personaggi che sembrano disporre di piccone e vanga e che, per certi versi, potrebbero corrispondere ai pastori che si vedono nel mosaico; non solo: si notano anche immagini di animali (una lucertola ed una lumaca) che, per certi versi, potrebbero essere messi in analogia con gli animali che si vedono in S. Aquilino.

Devo ammettere che mi hai fatto venire nuovamente dei dubbi :huh: In particolare, mi pare che molti artisti ignorino del tutto il particolare iconografico della calvizie di Eliseo: eppure è attributo di una certa valenza, non foss'altro che 42 ragazzini ci hanno rimesso la pelle per esso :o: Comunque, pur non essendo minimamente in grado di produrre certezze, ho come l'idea che ci sia qualcosa che non torna. Le similitudini tra la formella di S. Sabina e il mosaico di S. Aquilino mi sembrano più apparenti che reali. Il personaggio di sinistra è simile nei due lavori, ma non si può dire con certezza che a Roma sia un pastore, se non altro perché mancano le pecore. Se il suo atteggiamento poi mi pare già differente da quello dell'esempio milanese, certamente è assolutamente opposto il comportamento del personaggio sulla destra: a Milano si riposa placidamente, a Roma appare sconvolto e si copre la faccia per non vedere.
Anzi, visto che come hai opportunamento segnalato, la Scrittura è molto chiara nel segnalare che Elia ed Eliseo erano soli e si erano allontanati passando il Giordano, mi viene da pensare che questi due personaggi siano del tutto fuori contesto rispetto all'episodio. Non potrebbero allora riferirsi ad episodi diversi? Quello ha sinistra forse non ha una vanga, ma dato che ci si appoggia, un bastone. A destra, forse lo stesso bastone è a terra. Dato che mi pare proprio non voglia guardare, oltre ad essere prostrato, potrebbe trattarsi di Elia stesso: sul monte Oreb, prima turbato dal terremoto e poi al cospetto della presenza di Dio.

CITAZIONE
È sicuramente un'ipotesi un po' cervellotica, ma non abbiamo né dati sul resto della decorazione del sacello, né possibili confronti (se poi ne esistevano di precedenti). Se volete possiamo arrangiare una conclusione sul ciclo

La mia domanda si riferiva più che altro alla necessità di procedere in un modo piuttosto che un altro. Chiaramente, se pensavamo all'illustrazione di una predica o di un'idea di Ambrogio, conveniva cercare ancora all'interno della sua opera. Anche perché non dobbiamo dimenticarci che, qualunque cosa rappresenti la nostra lunetta, deve essere sempre logicamente collegata a quella che segue (ed anche a quelle che precedevano, le quali però sono andate perdute).

Datosi che l'Opera omnia ambrosiana è a portata di mano, ho provato a cercare ancora al suo interno. Avevo già scritto che il Commento Ambrosiano al Cantico dei Cantici è in realtà silloge, seppur fedele, realizzata da Guglielmo di Saint Therry nel XII secolo, di vari luoghi del grande vescovo milanese.
La similitudine tra la quadriga e l'anima di cui abbiamo parlato, è sviluppata più di una volta da Ambrogio (si presuppone dunque, che fosse argomento familiare all'orecchio dei fedeli e degli ecclesiastici meneghini), in particolare nel De Isaac vel anima e nel De virginitate.
Nel De Isaac si legge, a partire da 8,65: “Il nostro auriga, dunque è Cristo. Perciò l'anima dice: 'Mi fece come i carri di Aminadab'. L'anima è dunque un carro che porta un buon auriga”. Il buon auriga secondo Ambrogio, serve a “domare” i cavalli, che sono buoni (le virtù dell'anima) e cattivi (le passioni del corpo). Significativo, per legare il ragionamento alla lunetta è il passo: “E così si può, con una visione d'ordine spirituale, vedere ciascuna anima salire in cielo in una accanitissima gara, vedere i cavalli affrettarsi per essere i primi a giungere al premio di Cristo”. Poco più avanti troviamo il possibile “collegamento” alla situazione di Sant'Aquilino che citavo nel precedente intervento; il passo è a 8, 67: “Da tutto ciò devi capire che Cristo è salito anche su quest'anima e l'ha condotta al luogo della palma […] Corriamo dunque, per afferrare il premio; corriamo per vincere. Chi ha vinto è salito sulla palma e già ne mangia i frutti. Chi ha già vinto, ora non corre più, ma se ne sta seduto, come sta scritto: 'Colui che ha vinto, gli concederò di sedere insieme con me nel mio trono, come anch'io ho vinto e siedo con il Padre mio nel suo trono'.” Naturalmente qui sto pensando al senso logico di porre una lunetta sulla quale compare una quadriga in corsa prima di una dove è raffigurato “chi sta seduto” ovvero Cristo tra gli Apostoli in una dimensione celeste.
Questo accostamento mi pare possa avere una sua plausibilità, considerando anche la consequenzialità che pone lo stesso Ambrogio, che subito dopo dice testualmente “In base a questa dottrina i filosofi hanno illustrato nei loro libri quelle corse dei carri proprie delle anime”. Rimane certo che si tratta di una ricostruzione arbitraria di una parte di opera che non può contraddirci perché perduta nei suoi particolari (carro e auriga). Inoltre mancherebbe sempre la spiegazione di ciò che invece è conservato, ovvero la parte coi pastori.
Forse però, anche a questo riguardo, il De Isaac può suggerire qualche legame, seppur più flebile. Vediamo.
8.68: “Questa altezza l'ha conosciuta quell'anima in cui c'era il volgersi del verbo. Così infatti dice: 'Io sono del mio fratello e verso di me è il suo volgersi'. Ha ripetuto tre volte questo pensiero, in modo diverso, nel Cantico dei Cantici. All'inizio dice: 'Il mio fratello è mio ed io sono di lui; egli pascola tra i gigli fino a quando non spiri l'alito del giorno e non siano sgombrate le nuvole. E poi: Io sono del mio fratello e mio è il mio fratello che pascola tra i gigli'. Alla fine: 'Io sono del mio fratello, e verso di me è il suo volgersi'. La prima volta si riferisce all'istruzione dell'anima […], quello che segue è detto in relazione al progresso dell'anima, mentre il terzo passo riguarda la sua perfezione”. Diventa molto interessante il terzo passo, che Ambrogio descrive così: “Nel terzo passo, divenuta ormai perfetta, ella procura pace al Verbo dentro di sé, affinché Egli si volti verso di lei e reclini il capo e si riposi e, tenendo stretto come oggetto meritato Colui che prima aveva ricercato, ma non aveva potuto trovare, lo invita al suo campo e dice: 'Vieni fratello mio, usciamo nel campo, riposiamoci nei villaggi'. Dunque è proprio Ambrogio a porre il suo ragionamento sull'anima in un contesto bucolico e pastorale. A questo punto potremmo aggiungere che il pastore che si riposa guarda il ruscello dove beve la cerva, e sappiamo che questo, metaforicamente, indica Cristo dal quale scaturiscono sorgenti d'acqua viva, laddove il primo pastore non si capisce bene cosa faccia, ma sembra in effetti un po' confuso (Ambrogio: “Nel primo passo, quasi fosse tutt'ora nella fase della sua istruzione, l'anima vede ancora delle ombre, non ancora sgombrate dalla rivelazione del Verbo che si avvicina, e per questo a lei non splendeva ancora il giorno del Vangelo”); il terzo personaggio non sappiamo chi sia e cosa stia facendo, non è detto nemmeno che rientri nella metafora del pastore: segnalo solo, per completare, che Ambrogio, a proposito del secondo passo diceva: “l'anima gode di pii profumi senza più la confusione provocata dalle ombre”. A voler essere partigiani del nostro ragionamento, potremmo notare che le pecore sulla sinistra non bevono all'acqua ma sembrano più interessate, anzi quasi inebriate, del profumo dei fiori.

Come premesso, mentre la prima parte dell'ipotesi sta facilmente in piedi, la seconda è un po' traballante: prendetela come un ragionamento ad alta voce. Ad ogni modo il fatto che nel De Isaac si parli dell'anima come un carro retto da un buon auriga, che corre verso il regno di Dio, dove chi è giunto sta seduto, che si faccia riferimento a pastori che pascolano tra i gigli (pecore e fiori non mancano, anche se sono elementi abbastanza comuni nelle simbologie paleocristiana) e che si riposano, mi pare sia cosa da segnalare, quanto meno per il fatto che le altre ipotesi proposte o sono del tutto generiche (Cristo-Helios) o necessitano di forniture non minori (l'Ascensione di Elia).

Saluti

PS
Intervengo col modifica perché, continuando a leggere il De Isaac, mi viene da dire che se il personaggio al centro potesse essere identificato in un qualsiasi modo come ebraico (cosa che non mi sembrava, ma che ora, guardando i "colori sociali" ;) forse non è del tutto assurda), allora l'ipotesi comincerebbe a farsi davvero interessante.

Edited by MarcoSupersonic - 11/10/2010, 17:57
 
Top
view post Posted on 11/10/2010, 17:31

Stupor Mundi

Group:
Moderatori Globali
Posts:
2,459

Status:


CITAZIONE
Accidenti, devo dire che lo scultore di S. Donnino non dà proprio l'idea di sentirsi vincolato dalle iconografie canoniche!!

Ti dico la verità: mi fa impazzire questo Elia che, più che in un carro, sembra piazzato in un'autoblindo.
CITAZIONE
Il personaggio di sinistra è simile nei due lavori, ma non si può dire con certezza che a Roma sia un pastore, se non altro perché mancano le pecore. Se il suo atteggiamento poi mi pare già differente da quello dell'esempio milanese, certamente è assolutamente opposto il comportamento del personaggio sulla destra: a Milano si riposa placidamente, a Roma appare sconvolto e si copre la faccia per non vedere.

Già, ma si parla comunque di personaggi presenti in una scena dove, stando alle scritture, in teoria dovrebbero essere presenti solamente Elia ed Eliseo.
CITAZIONE
Quello ha sinistra forse non ha una vanga, ma dato che ci si appoggia, un bastone. A destra, forse lo stesso bastone è a terra

Sì, hai ragione: non si tratta di vanga e piccone, bensì di due bastoni.
A mio parere, penso si possa escludere che si tratti di Elia, se non altro perchè mi pare che il loro atteggiamento sia in relazione alla scena centrale ed inoltre le loro dimensioni sono ridotte rispetto ai personaggi principali.
Vero è anche che i due bastoni certamente non sono raffigurati per caso; a questo punto, potrebbe davvero trattarsi di un'allusione all'idea dei pastori, sebbene più vaga di quella milanese.
Quanto ai due animali presenti nel rilievo di S. Sabina, il loro significato (lucertola = animale solare; lumaca= animale lunare) è comunque quello di un'allusione alla Resurrezione.
Quindi, mi sentirei di affermare che, perlomeno nell'ascensione di Elia di S. Sabina, allusioni all'Ascensione del Cristo (coerentemente con tanti scritti patristici) si trovano. Ora mi chiederei. cos'hanno a che fare gli eventuali pastori con tutto questo?
CITAZIONE
Nel De Isaac si legge, a partire da 8,65: “Il nostro auriga, dunque è Cristo. Perciò l'anima dice: 'Mi fece come i carri di Aminadab'. L'anima è dunque un carro che porta un buon auriga”. Il buon auriga secondo Ambrogio, serve a “domare” i cavalli, che sono buoni (le virtù dell'anima) e cattivi (le passioni del corpo). Significativo, per legare il ragionamento alla lunetta è il passo: “E così si può, con una visione d'ordine spirituale, vedere ciascuna anima salire in cielo in una accanitissima gara, vedere i cavalli affrettarsi per essere i primi a giungere al premio di Cristo”. Poco più avanti troviamo il possibile “collegamento” alla situazione di Sant'Aquilino che citavo nel precedente intervento; il passo è a 8, 67: “Da tutto ciò devi capire che Cristo è salito anche su quest'anima e l'ha condotta al luogo della palma […] Corriamo dunque, per afferrare il premio; corriamo per vincere. Chi ha vinto è salito sulla palma e già ne mangia i frutti. Chi ha già vinto, ora non corre più, ma se ne sta seduto, come sta scritto: 'Colui che ha vinto, gli concederò di sedere insieme con me nel mio trono, come anch'io ho vinto e siedo con il Padre mio nel suo trono'.” Naturalmente qui sto pensando al senso logico di porre una lunetta sulla quale compare una quadriga in corsa prima di una dove è raffigurato “chi sta seduto” ovvero Cristo tra gli Apostoli in una dimensione celeste.

Mi pare che l'ipotesi possa essere plausibile, sebbene mi pare anche che la presenza di gigli e della palma a questo punto, almeno in teoria, avrebbe dovuto essere rilevante per definire la situazione simbolica complessiva.
CITAZIONE
mi viene da dire che se il personaggio al centro potesse essere identificato in un qualsiasi modo come ebraico

Parli del pastore con il cappello?
Ciao.
 
Top
Ermelinda
view post Posted on 11/10/2010, 18:36




Io sono, come ormai si è capito, scettica riguardo alla possibilità che la nostra lunetta rappresenti l'Ascensione di Elia e di conseguenza i miei giudizi in merito sono troppo prevenuti.
Il ragionamento sul De Isaac mi pare acuto e calzante. L'edificio è verosimilmente un mausoleo imperiale e, come riportato, i mosaici devono essere abbastanza coevi alla sua costruzione; potrebbe avere un senso anche collegato con l'esaltazione del defunto e della sua condotta ineccepibile in vita capace di assicurargli un posto in Paradiso: “di sedere insieme con me nel mio trono, come anch'io ho vinto e siedo con il Padre mio nel suo trono”. L'ipotesi della glorificazione della Chiesa non è più credibile, anche perché nell'iconografia canonica è indicata da un personaggio femminile.

CITAZIONE
Ad ogni modo il fatto che nel De Isaac si parli dell'anima come un carro retto da un buon auriga, che corre verso il regno di Dio, dove chi è giunto sta seduto, che si faccia riferimento a pastori che pascolano tra i gigli (pecore e fiori non mancano, anche se sono elementi abbastanza comuni nelle simbologie paleocristiana) e che si riposano, mi pare sia cosa da segnalare

assolutamente rilevante; è vero però che la rappresentazione più vicina nel tempo dei gigli (almeno da me per adesso recuperata) li mostra molto diversi e più conformi alla realtà: Sant'Apollinare in Classe, 533-49, https://image.forumfree.it/5/1/0/4/3/1/3/1286817911.jpg.
Ho fatto poi alcune ricerche sui personaggi col copricapo, sono quasi sempre orientali (i nostri poi hanno i calzari lunghi, altra tipicità loro ascritta), si tratta però spesso del cappello frigio, a forma di imbuto, caratteristico dei giudei e che si vede per la prima volta a Dura Europos (anche se nel tipo "cuffietta"); posto un esempio del V secolo che potrebbe ricordare molto forzatamente il nostro caso: https://image.forumfree.it/5/1/0/4/3/1/3/1286818442.jpg. Cercherò informazioni più precise.

Ora scappo, a risentirci!
 
Top
MarcoSupersonic
view post Posted on 12/10/2010, 00:55




CITAZIONE
Ti dico la verità: mi fa impazzire questo Elia che, più che in un carro, sembra piazzato in un'autoblindo.

:D :D :D

CITAZIONE
A mio parere, penso si possa escludere che si tratti di Elia, se non altro perchè mi pare che il loro atteggiamento sia in relazione alla scena centrale ed inoltre le loro dimensioni sono ridotte rispetto ai personaggi principali.

Beh, il fatto che le dimensioni siano ridotte non mi pare una difficoltà insormontabile, quantomeno non più della presenza di due personaggi assenti dalle scritture e da ogni raffigurazione canonica (almeno per quanto ne sappiamo). Comunque, dell'iconografia di Santa Sabina si potrà parlare eventualmente a parte, qui m'interessava più che altra distinguerla da quella del sacello di S. Aquilino. In riferimento a questo...

CITAZIONE
Vero è anche che i due bastoni certamente non sono raffigurati per caso; a questo punto, potrebbe davvero trattarsi di un'allusione all'idea dei pastori, sebbene più vaga di quella milanese.

...ribadirei di non farsi influenzare dall'esempio milanese. Il bastone non è attributo solo del pastore ma anche del viandante, ed in mancanza di pecore, il fatto che i due personaggi di Roma siano pastori per me è tutt'altro che palese.

CITAZIONE
la presenza di gigli e della palma a questo punto, almeno in teoria, avrebbe dovuto essere rilevante per definire la situazione simbolica complessiva

CITAZIONE
è vero però che la rappresentazione più vicina nel tempo dei gigli (almeno da me per adesso recuperata) li mostra molto diversi e più conformi alla realtà: Sant'Apollinare in Classe, 533-49,

Non vorrei ora sostenere oltremodo l'ipotesi che ho proposto: sono anch'io tutt'altro che certo. Però, riguardo ai gigli, se è vero che siamo abituati a vederli nella loro veste "bianca", è pur vero che stando alla botanica ed alla pagina di wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Lilium, non mancherebbe proprio la possibilità di trovarne nel nostro mosaico. L'ipotesi potrebbe (volendo) rimanere in piedi anche senza gigli, perché in fin dei conti, stiamo parlando del "cammino dell'anima verso la perfezione" secondo Ambrogio e non del Cantico dei Cantici: quindi l'essenziale è identificare dei fiori odorosi capaci di dare quei "pii profumi" che inebriano l'anima nel secondo "gradino" della scalata. Anch'io comunque riterrei importante identificare dei gigli, viceversa ammetto che sarebbe un colpo non indifferente :( .
Meno importante invece trovare una palma: lo spostamento metaforico palma-vittoria-premio è persino bruciante nella speculazione ambrosiana, e credo possa essere reso in modo adeguato mostrando semplicemente il premio, posto coerentemente al termine del cammino.

CITAZIONE
Parli del pastore con il cappello?

Proprio lui. Il suo abbigliamento mi ricordava qualcosa, ed in effetti, si tratta dei colori dell'abito sacerdotale ebraico.
[IMG=http://img259.imageshack.us/img259/4185/05matrimoniodimos.th.jpg][/IMG]
Chiaramente mancherebbe l'efod, però non mi è chiaro, visto che personaggi con vestiti di foggia simile (e privi del'efod) appaiono non solo qui nella scena del matrimonio di Mosè, ma anche, sempre a S. Maria Maggiore, nella scena della Presentazione al Tempio, se quest'abito caratterizzasse i leviti in genere.
In questo caso, ma solo in questo, ci sarebbe un'identificazione molto coerente nel De Isaac.

Saluti.
 
Top
48 replies since 30/9/2010, 10:14   5822 views
  Share