Salve a tutti. Torno a scrivere su questo post dopo molto tempo passato impegnato in altri ambiti ma anche dopo un modulo d'esame su S. Maria Antiqua sostenuto con pieno successo anche grazie a questa discussione ed alle preziose spiegazioni di Ermelinda. Devo dire che molte cose ora mi sono decisamente più chiare (più corretto sarebbe dire che comincio a capire qualcosina laddove prima non capivo niente) ed avevo pensato di “aggiornare” il post approfondendo la questione dell'analisi dell'ambiente romano in relazione a Castelseprio: la scoperta dell'affresco del portico di S. Sabina, ha reso poi ancora più interessante ed “urgente” la questione. Ma andiamo con ordine:
Avevo già avuto modo di accennare più sopra agli affreschi staccati di S. Maria in Via Lata, ora esposti al museo della Crypta Balbi a Roma. Il più antico dei frammenti riporta una storia iconograficamente piuttosto rara, quella dei “Sette dormienti di Efeso”, addormentatisi in una grotta nella quale si erano nascosti durante la persecuzione di Decio (250 d.C. ca.) e risvegliatosi miracolosamente ai tempi di Teodosio II (401-50), quando uno dei dormienti, sceso in città in cerca di provviste si rese conto dell'evento miracoloso. Questa storia di “ibernazione”, un evidente richiamo alla realtà della resurrezione dei morti, provocò grande stupore anche in Efeso tanto che il vescovo e l'imperatore si recarono alla grotta trovandovi ormai ridestati anche gli altri giovani dormienti; il vescovo avrebbe poi trovato davanti alla porta della caverna, secondo la versione riportata da Simone Metafraste nel sec. X, un astuccio contenente due sigilli d'argento, con cui sigillò l'apertura della grotta sfondo di tanto miracolo. Questa dovrebbe essere la scena riportata nel frammento d'affresco che ho potuto fotografare Purtroppo la qualità della foto è molto scarsa (esiste una riproduzione in “Fragmenta Picta” ma una sciocca bibliotecaria ha messo questo libro tra gli “inamovibili”, per cui è molto complicato portarlo fuori e scannerizzarlo...magari nei prossimi giorni ci riprovo): spero sia comunque possibile identificare i chiari elementi ellenistici della pittura, in particolare quei vistosi effetti di plasticismo ottenuti tramite lumeggiature (specialmente sulle braccia e lungo le vesti dei personaggi).
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ImageShack.usLa diaconia di S. Maria in Via Lata viene citata per la prima volta, nella documentazione, solo sotto Leone III (785-816) ma gli storici sono concordi nel ritenere che dovesse essere sorta molto prima, forse già nel sec. V o al massimo nel VI. La datazione proposta da Bertelli e Maria Andaloro, e confermata dalla Righetti-Tosti Croce è da porre lungo il sec. VII. Bertelli propone confronti con la parte dipinta del c.d. Dittico di Boezio e con gli affreschi delle Catacombe di Generosa a Roma, certamente in opera prima del 683. Sono stati proposti naturalmente anche paralleli con il ciclo di Castelseprio, in particolare per il sapore fortemente “narrativo” dell'opera di S. Maria in Via Lata (rispetto alla ieraticità degli esempi di S. Maria Antiqua) e per la c.d. “temperatura sentimentale”, ovvero quegli sguardi espliciti e piuttosto espressivi che si scambiano i protagonisti dei due cicli di affreschi. Certamente, le figurette della diaconia romana appaiono più “svelte” ed agili rispetto a quelle lombarde, e proprio per questo, e per delle presunte analogie nello scompartimento dei riquadri, sono stati richiamati (secondo me in maniera un po' forzata) degli influssi dei mosaici della navata di S. Maria Maggiore.
La foto che avevo proposto in precedenza, che ripropongo insieme ad un'altra (una teoria di santi), sempre proveniente dalla Crypta Balbi, riguarda invece le storie del Martirio di S. Erasmo e, nonostante la quasi totale perdita di colore, possiamo ancora ravvisare la capacità di ottenere una costruzione volumetrica efficace attraverso il disegno dei contorni delle figure e del panneggio delle vesti, con tanto di alcuni espedienti precisamente sovrapponibili con il pannello dei Maccabei in S. Maria Antiqua e con la scena della Natività a Castelseprio. Tra l'altro, ritroviamo finalmente anche qualche rappresentazione architettonica. Nonostante la frontalità, elementi culturalmente analoghi sono presenti pure nella teoria di santi. Questi affreschi erano stati dipinti sopra alle storie dei “Sette dormienti”, dunque sono necessariamente successivi: è stata proposta una datazione entro la prima metà del sec. VIII.
Nel XVII-XVIII sec. la chiesa di S. Maria in Via Lata fu integralmente ricostruita, nelle forme odierne: gli ambienti della vecchia diaconia furono murati. Quando furono riscoperti ad inizio secolo, l'ambiente era invaso dalle acque e dunque si può comprendere quanti guasti abbiano dovuto subire: a questi va aggiunta un'operazione di stacco e di restauro condotta non a regola d'arte che ha ulteriormente impoverito la materia pittorica.
Anche i frammenti di San Saba hanno una storia tormentata e difficile (sono sopravvissuti solo in quanto utilizzati come riempimento per sopraelevare la nuova chiesa, rifatta nel sec. XII). E' chiaro che la loro situazione si presenta poco meno che disperata: eppure è possibile ancora percepire, specialmente in una figura come quella nobilissima di S. Sebastiano che propongo, una certa impostazione monumentale, ed una saldezza di squadro che porta a confronti con i clipei di Giovanni VII in S. Maria Antiqua, con i quali condividono alcuni espedienti come le lumeggiature dei capelli e dai quali però li separa – a mio parere – la tendenza a dei passaggi cromatici molto più dolci e progressivi, vagamente accomunabili all'ellenismo del tipo dell'Angelo bello in S. Maria Antiqua. Ad ogni modo, queste sono mie elucubrazioni; Francesco Gandolfo propone una datazione nella seconda metà del sec. VII ed identifica i precedenti nei pannelli di S. Barbara e S. Anna in S. Maria Antiqua.
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ImageShack.usPer completezza vi propongo anche quest'altra scena, non tanto perché culturalmente accomunabile alle precedenti (anche se presuppone – per così dire – un retroterra comune) quanto perché rappresentano un'altra componente utile a delineare quello che doveva il panorama di “proposte” della cultura romana lungo il sec. VIII, che è quello a cui dovrebbero riferirsi scene come “La guarigione del paralitico” che vi allego. E' stata affermata una derivazione dall'arte palestinese; giova ricordare che San Saba era sede di una filiazione di monaci orientali, provenienti da una lavra palestinese con lo stesso nome, ed installatisi a Roma prima del 649. Anche per S. Maria in Via Lata è facilmente ipotizzabile una popolazione di origine orientale per via del culto dei Sette Dormienti di Efeso, sostanzialmente sconosciuto in Occidente.
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ImageShack.usE veniamo alla recentissima scoperta del portico di S. Sabina: senza voler anticipare valutazioni possibili solo dopo un'attenta osservazione dell'opera dal vivo (o quantomeno su una foto ad alta risoluzione) direi che si possono già comunque isolare alcuni elementi di particolare evidenza: molti elementi di questo pannello, che si giova di una datazione certa attraverso i riferimenti dell'iscrizione, appaiono del tutto inattesi in dipinto della fine del sec. VII: la disposizione ad emiciclo delle figure, la postura dei santi, l'ambientazione architettonica, la clamorosa apertura del porticato verso uno spazio aperto, sono elementi del tutto eccezionali, com'è eccezionale, in senso lato la concezione figurativa che aleggia sull'opera: invito a notare l'imprevedibile scorcio della mensola dove corre l'iscrizione. Confesso che, se questa non fosse così esplicita, avrei pensato molto più volentieri a datazioni intorno al secolo XII, e questo credo esprima meglio d'ogni altra cosa il mio stupore.
Naturalmente poco si può dire della stesura del colore, primo per le condizioni – non certo straordinarie – della piccola pittorica, secondo per via della foto: però, se non prendo lucciole per lanterne, mi pare che le lumeggiature chiare in vari punti del viso della Madonna, e i chiaroscuri nella zona del collo preannuncino un trattamento del colore di matrice ellenistica, paragonabile (anche se non sovrapponibile) a quello trattato prima a S. Maria in Via Lata e – naturalmente – a quello di Castelseprio.
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ImageShack.usChe cosa può dirci questa grande scoperta? Una cosa importante, secondo me: che il panorama dell'arte tra il secolo VII ed VIII era molto più variegato e imprevedibile di quanto siamo stati sempre inclini a pensare riferendoci soprattutto alle sopravvivenze musive. Era stato già ipotizzato da alcuni studiosi (vedi Kitzinger) l'impossibilità di una “riduzione ad unità” delle tendenze dell'arte cd. “bizantina”, ma questo ritrovamento ci conferma che ciò che è sopravvissuto di quella produzione non ci autorizza a tracciare linee di sviluppo perentorie. Per molti versi ci soccorre anche riguardo alle datazioni di S. Maria in Via Lata, San Saba e di tutte quelle opere che, per un verso o per l'altro, risultavano un po' eccentriche rispetto alle ipotesi tradizionali. E, se mi è concessa una deduzione, aggiunge credito all'ipotesi di datazione alla seconda metà del sec. VII del ciclo di Castelseprio: quel ciclo, che trova dal punto di vista storico il suo habitat nell'ambito della lotta all'arianesimo e nella continuazione dell'opera "missionaria" cominciata da Gregorio Magno, poteva effettivamente nascere in quell'epoca: l'affresco di S. Sabina, differente stilisticamente ma vicino per qualità e arditezza di soluzioni spaziali ed illusionistiche, ora ce lo conferma.
Oh, tutto questo naturalmente per quanto le mie limitate conoscenze mi permettono di capire. Come al solito, ogni correzione o contributo alla discussione è molto ben accetto.
Saluti.
Edited by MarcoSupersonic - 26/7/2010, 19:24